Per saperne di più: La regolamentazione delle biotecnologie
Prevenzione dei rischi e sicurezza degli OGM
In tutti i Paesi occidentali sono in vigore severe misure di autorizzazione e
controllo sullo sviluppo e l’impiego degli OGM. Le norme per la sicurezza delle
biotecnologie sono tutte di natura precauzionale e fanno costante appello alla
necessità di accurate valutazioni di rischio prima di intraprendere attività di
ricerca e sviluppo, di produzione e/o messa in vendita dei prodotti ottenuti
con l’impiego delle moderne tecnologie biologiche.
La regolamentazione della
sicurezza a livello internazionale
Nei Paesi dotati di solide strutture tecniche di verifica e controllo (ad
esempio gli Stati Uniti, il Canada, il Giappone) è prevalso il criterio di valutare
l’efficacia e la sicurezza d’uso dei prodotti, senza particolare attenzione
alle tecnologie usate per ottenerli. Negli Stati Uniti, in particolare, la
verifica dei requisiti di sicurezza dei nuovi vegetali e la loro autorizzazione
è affidata a tre organismi e agenzie federali: l’USDA (United States Department
of Agricolture), il ‘ministero dell’agricoltura’ americano; la FDA (Food and Drug Administration), l’ente responsabile del controllo di alimenti e farmaci; la EPA (Environment Protection Agency), l’agenzia federale per la protezione dell’ambiente.
Nella valutazione degli OGM ha avuto una grande importanza il lavoro del Group
of National Experts (GNE) on Safety of Biotechnology, che ha operato per
l’Organizzazione per la Cooperazione e Sviluppo Economico (OCSE). I criteri e
principi di sicurezza elaborati da questo gruppo hanno costituito la base di
partenza per la redazione di un Protocollo internazionale di biosicurezza (il
cosiddetto ‘Protocollo di Cartagena’, poi firmato a Montreal nel gennaio 2001)
nell’ambito dell’ONU. L’obiettivo principale del protocollo è quello di
consentire ai Paesi in via di sviluppo di mettere a punto le misure da adottare
per l’impiego sicuro delle biotecnologie e dei prodotti che ne derivano.
La regolamentazione della sicurezza nell’Unione Europea
A differenza degli Stati Uniti, in Europa è prevalsa l’opzione di imporre per
legge “regolamentazioni di tecnologia”, collegate a meccanismi di notifica e
autorizzazione sia nelle fasi di ricerca che in quelle produttive.
In termini di efficacia nel garantire i necessari livelli di sicurezza, i due
diversi approcci (nordamericano ed europeo) non hanno messo in luce
significative differenze: la principale differenza oggettiva è di natura
burocratica e amministrativa e si manifesta nei tempi più lunghi delle
procedure adottate dall’Unione Europea per l’autorizzazione degli OGM a uso
agricolo e alimentare.
Le principali norme dell’Unione Europea sul settore agroalimentare sono: il
Regolamento 258/97 per la vendita dei cosiddetti “Novel Foods”, cioè i “nuovi
alimenti” ottenuti con materie prime derivate da organismi geneticamente
modificati; la Direttiva 2001/18/CE sull'emissione deliberata nell'ambiente di
organismi geneticamente modificati (in particolare le sementi e i materiali di
riproduzione vegetale) che supera la precedente Direttiva 90/220/CEE .
Queste norme sono redatte nel pieno rispetto degli orientamenti internazionali
in materia di sicurezza agricola, ambientale e alimentare, ma sono state finora
soggette in modo eccessivo alle decisioni di natura politica. In particolare la Direttiva 90/220/CEE è stata di fatto bloccata per molti anni; la recente Direttiva
2001/18/CE, che la sostituisce, intende semplificare le procedure e attribuire
maggiore importanza alle valutazioni scientifiche espresse in sede comunitaria.
Tuttavia alcuni Paesi membri hanno espresso l’intenzione di non approvare la
commercializzazione di nuovi OGM prima che siano adottati ulteriori
regolamenti.
Il Regolamento 258/97, sulla vendita di nuovi alimenti, stabilisce che i
prodotti e ingredienti alimentari derivati da OGM non devono presentare rischi
per il consumatore; non lo devono indurre in errore; non devono creare
svantaggi nutrizionali, nel caso vadano a sostituire prodotti o ingredienti
tradizionali.
La ‘equivalenza sostanziale’
Il Regolamento 258/97 sui ‘Novel Foods’ adotta come elemento discriminante la
nozione di “equivalenza sostanziale”, accettata a livello internazionale: due
alimenti (uno tradizionale e l’altro ottenuto con materie prime di derivazione
biotech) sono considerati sostanzialmente equivalenti quando non presentano
alcuna differenza dal punto di vista nutrizionale, organolettico e della
sicurezza.
In alcuni Paesi dell’Unione Europea si chiede invece di considerare
‘discriminante’ lo stesso impiego delle biotecnologie nella produzione
alimentare: basta che un solo ingrediente, additivo o aroma sia ottenuto (anche
casualmente o parzialmente) da materie prime geneticamente modificate perché i
due alimenti non siano più considerati equivalenti. Di conseguenza, le autorità
nazionali di controllo hanno difficoltà a certificare l’equivalenza sostanziale
di tutti gli alimenti loro sottoposti, in funzione delle diverse letture del
Regolamento operate dai singoli Stati, e si crea una diversità di applicazione
delle norme comuni a livello nazionale.
In Italia: Le norme per l’immissione di OGM
nell’ambiente
Il Decreto legislativo n. 92 del 3 marzo 1993, che recepisce la Direttiva 90/220/CEE sull’emissione deliberata nell’ambiente degli organismi geneticamente
modificati, prevede una valutazione preventiva di rischio prima di ogni
rilascio nell’ambiente di un nuovo tipo di OGM e che nessun rilascio possa
essere effettuato senza il via libera del Ministero della Salute.
Nei casi in cui le conoscenze scientifiche sul tipo di modifica genetica
effettuata e sull’OGM che ne viene ottenuto richiedano ulteriori
approfondimenti tecnico-scientifici, prima di concedere l’autorizzazione al
rilascio deliberato a scopi di ricerca e sviluppo, il Decreto legislativo
prevede che la Commissione interministeriale di coordinamento per le
biotecnologie (CIB) possa chiedere il parere del Comitato nazionale per la
biosicurezza e le biotecnologie e anche quello del Consiglio Superiore di
Sanità. Durante la fase di rilascio deliberato dell’organismo geneticamente
modificato, la CIB effettua ispezioni nel sito del rilascio per verificare: la
conformità degli esperimenti a quanto notificato; gli effetti dell’organismo
geneticamente modificato sull’ambiente circostante; le pratiche agronomiche
utilizzate; i trattamenti dopo il raccolto dell’area interessata; la
conservazione o l’eliminazione dell’organismo geneticamente modificato.
Al termine dell’esperimento di rilascio, il privato o l’impresa che ha ottenuto
il nulla osta alla ricerca sull’OGM deve presentare una relazione conclusiva
sull’esperimento, sulla base di linee guida elaborate dalla CIB, mirata sulla
valutazione dell’impatto ambientale e della sicurezza: questa valutazione è uno
degli elementi necessari per richiedere l’autorizzazione all’immissione sul
mercato dell’OGM in questione.
In Italia: L’autorizzazione all’impiego di OGM
nell’alimentazione
Per quanto riguarda l’attuazione in Italia del Regolamento 258/97/CE
concernente l’immissione sul mercato di nuovi prodotti alimentari derivati da
ingredienti, aromi e additivi ottenuti da materie prime geneticamente
modificate, è stata istituita un’apposita Commissione interministeriale di
coordinamento per la valutazione delle notifiche ai fini della commercializzazione
dei nuovi prodotti e nuovi ingredienti alimentari. Questa Commissione è
inserita nel ministero della Salute. A questo organismo competono le
valutazioni sulla sicurezza d’uso nell’alimentazione umana o animale degli
organismi geneticamente modificati e dei loro derivati.
Chiunque intende mettere in vendita nell’Unione Europea un OGM o un alimento
derivato da OGM o i suoi derivati deve quindi presentare domanda di
autorizzazione allo Stato membro sul cui territorio vuole vendere per la prima
volta questi prodotti, inviando contemporaneamente copia della richiesta alla
Commissione Europea. La documentazione presentata deve contenere una serie di
dati scientifici per la verifica della sicurezza d’uso del prodotto e - nel
caso di prodotti ottenuti tramite l’applicazione delle tecniche del DNA
ricombinante (le biotecnologie) che contengano o siano costituiti da OGM - la
valutazione dei rischi per l’ambiente e, se del caso, la decisione di
autorizzazione di immissione sul mercato corrispondente alla parte C della
Direttiva 90/220/CEE.
La domanda deve contenere informazioni tecnico-scientifiche che dimostrino che
il nuovo alimento presenta le garanzie richieste dal Regolamento 258/97/CE,
nonché una proposta di etichettatura del prodotto: questi elementi devono permettere
all’autorità competente dello Stato destinatario della domanda la valutazione
sulla sicurezza d’uso del prodotto.